L’arte figurativa abbonda di riferimenti gastronomici, siano essi nature morte o raffigurazioni di banchetti storici.
Tuttavia questi soggetti minori hanno avuto il giusto riconoscimento solo di recente, quando la “teoria dei generi” – che stabiliva una gerarchia tra i vari temi pittorici – perse importanza. Fino ad allora la natura morta aveva avuto una funzione puramente decorativa, sebbene molti artisti – anche celeberrimi come il Caravaggio – fossero degli cultori del genere.
Nel corso del tempo i parametri di giudizio relativi all’arte mutarono sensibilmente e, a partire dall’Ottocento, fu abbandonata la teoria del bello che giudicava un’opera sulla base dell’aderenza a precisi canoni estetici ed iconografici.
Per capire il sensibile cambiamento di temperie basterà riportare una considerazione di Max Lieberman, un pittore secessionista, che disse: “una carota dipinta bene è meglio di una Madonna dipinta male”.
Nonostante ciò, il suino non ha mai costituito uno dei soggetti d’elezione. Forse per il suo riferimento alla lussuria o forse perchè gli artisti preferivano orientarsi verso soggetti ritenuti più aggraziati, come volatili o cacciagione.
Tuttavia esistono delle importanti eccezioni.
Oggi ci resta un cospicuo patrimonio iconografico e artistico legato al maiale; nel corso del tempo molti pittori e scultori hanno rappresentato i suini e i loro derivati nei contesti più svariati.
Il Romanico vede il maiale su alcuni bassorilievi della Cattedrale di Parma e precisamente in quelli che rappresentano i mesi di Ottobre, Novembre e Dicembre.
Le testimonianze figurative del salame sono rilevabili sul Duomo di Fidenza, nella rappresentazione del mese di Gennaio, e su alcune sculture del Battistero di Parma.
Esiste anche un codice illustrato, il Theatrum sanitatis, risalente al 1300, in cui sono raffigurati alcuni prosciutti esposti nella bottega di un lardarolo.
Del 1440 è un affresco del Castello di Isogne ad Aosta, che rappresenta un banco di salumi con salami, salsicciotti e prodotti nostrani.
L’iconografia nordica abbonda di riferimenti al maiale. In particolare Hieronymus Bosch (1450 -1516), pittore visionario di origine fiamminga, utilizza spesso questa immagine.
Le Tentazioni di Sant’Antonio è un’opera databile tra il 1505 e il 1506, ora conservata al Museo Nacional de Arte Antiga di Lisbona. Nel pannello centrale del trittico è raffigurato Sant’Antonio in ginocchio, affiancato da un suonatore vestito di nero con il viso di maiale e una civetta sulla testa, ritenute entrambe personificazioni dell’eresia. Difatti, nell’iconografia cristiana – in accordo all’esegesi medievale – il maiale rappresentava il peccato.
Esiste un’altra versione delle Tentazioni di Sant’Antonio e che costituisce una delle ultime opere di Bosch. Questa tavola – ora conservata al museo del Prado – non deve essere confusa con il trittico di Lisbona. In questo dipinto il contesto bucolico appare in contrasto con i piccoli demoni che circondano il Santo e che, come di consueto, è affiancato da un maiale.
Anche nel celebre Trittico delle delizie – anch’esso conservato al Prado – Bosch ricorre al suino per rappresentare il vizio e la malvagità. In uno dei pannelli laterali intitolato “L’inferno musicale”, un maiale è abbigliato secondo l’ordine dei domenicani; un riferimento provocatorio data la nota posizione anticlericale del pittore.
E ancora, ne Il figliol prodigo – oggi al museo Boymans van Beuningen di Rotterdam – è rappresentata, sullo sfondo, una scrofa con i cuccioli mentre si abbeverano.
Sempre di Bosch è il bellissimo tondo che rappresenta i Sette peccati capitali, un dipinto caro a Filippo II che lo custodiva in camera da letto come ammonimento. Tra i vari peccati è rappresentata anche la gola. Nel particolare, una famiglia si sta abbuffando alla tavola e, in primo piano, si vede chiaramente una salsiccia che cuoce alla brace.
L’olandese Pieter Aertsen (1508-1575), è un altro pittore nordico che si cimenta in temi di genere. Ne La bottega del macellaio, opera del 1551, lo scenografico bancone del macellaio mostra i diversi prodotti tra cui teste di maiale e salsicce appese. Sul fondo una scena campestre.
Pieter Bruegel il Vecchio (1525/30-1569) è un artista fiammingo che riprese, a tratti, l’arte suggestiva e visionaria di Bosch.
Il Combattimento tra il Carnevale e la Quaresima è una tavola del 1559 conservata presso il Kunsthistorisches museum di Vienna che raffigura un’usanza tipica dei Paesi Bassi: un festa dal profondo significato allegorico che traspone, con una messa in scena, il proverbio “così va il mondo”. Insieme ad una brulicante umanità, si osservano alcuni particolari tra cui un uomo su una botte che sta cuocendo una testa di maiale e una salsiccia.
Ne Il paese della Cuccagna – opera del 1567, oggi all’Alte Pinakothek di Monaco – tre esponenti della società medievale – un contadino, un soldato e un uomo di studio – sono distesi attorno all’albero della cuccagna. Intorno, animali arrostiti si avvicinano per offrirsi in pasto. Tra questi un maiale con un coltello già infilzato in un fianco.
Facendo un salto di diversi secoli arriviamo a Paul Gauguin (1848-1903) che dipinge Cavallo al pascolo e maiale – ora al Helsinki Ateneum Taidemuseo – e Gruppo di maiali di proprietà County Museum of Art di Los Angeles.
Vincenzo Cabianca (1827-1902) è il primo a realizzare un maiale dipinto con tutte le caratteristiche macchiaiole, raffigurandolo in una scurissima gamma di colori su fondo murale bianco, cosa che colpisce Giovanni Fattori (1825 – 1908) che spesso lo cita durante i suoi incontri artistico-culturali. Sempre legato al mondo suino è Porcile al sole, prima grande opera autenticamente macchiaiola di Cabianca.