È nota la tendenza – già delle nonne – a voler separare gli alimenti buoni da quelli cattivi: quelli che fanno in assoluto bene e quelli che, invece, fanno sempre male. Spesso, però, queste opinioni hanno solo un debole legame con la realtà e tante delle false convinzioni che gravitano attorno a molti cibi, sono spesso solo il frutto di poca informazione e pregiudizi radicati. Volendo sfatare questi antichi preconcetti, potremmo portare ad esempio diversi alimenti ritenuti sani ma che, se assunti in combinazione con altri o in maniera eccessiva, fanno tutt’altro che bene.
In realtà, la questione della bontà di un alimento va posta su due livelli: il primo è relativo alla sicurezza e quindi ai metodi di produzione che devono garantire prodotti nutrizionalmente sani e igienicamente sicuri; il secondo livello verte sul piano del consumo, poiché, qualsiasi alimento, se consumato in maniera eccessiva o sbagliata, può risultare dannoso.
Tutto questo per arrivare a dire che la carne suina e i suoi derivati, i salumi, costituiscono uno dei bersagli preferiti dei salutisti e dei cultori della linea. Soprattutto oggi, dove un “buon” alimento deve essere soprattutto magro, la percentuale di parte grassa dei salumi è ritenuta dai salutisti intransigenti il suo tallone d’Achille, ignorando, però, che la tecnologia alimentare è riuscita a rendere la carne di maiale una tra le più magre e povere di colesterolo e che molti salumi sono normalmente contemplati in diversi regimi alimentari ipocalorici, oltre che presenti nell’alimentazione del bambino e dello sportivo. Del resto, la presenza della carne di maiale e dei suoi derivati nell’alimentazione umana da tremilacinquecento anni, dimostra tutti i vantaggi e la bontà dei salumi, la loro sostanziale innocuità e l’alto valore nutrizionale. Difatti, il comune denominatore della vasta famiglia dei salumi e insaccati sono le proteine animali, comprese tra il 20 e 30% della parte edule: proteine nobili e altamente digeribili. Di estrema rilevanza sono pure gli aminoacidi essenziali presenti nel muscolo, sostanze necessarie alla vita e che conferiscono al salume la sua tipica dolcezza.
Se comunque è vero che un tempo i salumi di qualità dovevano essere molto grassi – anche per sostenere i ritmi di vita più pesanti e condizioni climatiche meno confortevoli – oggi la richiesta è quella di salumi buoni e con un limitato tenore calorico. Ma la varietà dei salumi è tale che non è difficile assecondare queste richieste: si parte dalla bresaola o dal magro di prosciutto con 150 calorie per etto, per passare alle 500 per la stessa quantità di salsicce. Inoltre, anche la qualità dei grassi è cambiata: è aumentata la percentuale di quelli insaturi, ovvero “buoni”, a discapito di quelli saturi, i cosiddetti grassi “cattivi”.
Occorre comunque precisare che esistono tre categorie di salumi: i magri, i semigrassi e i grassi con caratteristiche nutrizionali piuttosto diverse. I salumi magri sono importanti fonti di proteine, oltre ad avere un potere saziante elevato. La quantità di grassi presente è compresa tra i 4 e il 10% e tra questi spiccano il prosciutto cotto e il crudo privati del grasso, la bresaola e la lombata di maiale stagionata. I semigrassi hanno un contenuto di grassi compreso tra il 10 e il 20% e si possono mangiare in quantitativi ragionevoli dato che il loro apporto calorico non è eccessivo, circa 280 calorie per un etto; tra questi, il crudo non sgrassato e il capocollo. I salumi grassi sono decisamente calorici, saziano poco e vanno chiaramente limitati in un’alimentazione ipocalorica visto che i grassi superano il 30%, il che li confina all’ambito dell’assaggio. Sono un complemento di un pasto o tutt’al più usati come condimenti per cucinare. Tra questi molti salami, il cotechino, la pancetta, il guanciale, il lardo e la coppa che dovrebbero essere limitati al capriccio saltuario.
Tuttavia, non bisogna dimenticare che i grassi, oltre a essere necessari al buon funzionamento del nostro organismo, rendono saporito un salume. Salumi molto magri diventano, infatti, eccessivamente duri e insipidi. Altro punto a favore della carne suina e i suoi derivati è il livello di colesterolo, decisamente basso e simile a quello delle carni bianche, un traguardo che è stato possibile raggiungere grazie a nuovi metodi di allevamento, che prevedono l’introduzione nell’alimentazione suina di mangimi con attività anticolesterolica (mais, soia).